Marco Bechis Regista e sceneggiatore cinematografico (Santiago del Cile 1957), di madre cilena di origine svizzero-francese e padre italiano. È uno dei registi più interessanti del cinema italiano contemporaneo per la sua costante riflessione su linguaggio e forma, nell’ambito di una produzione caratterizzata dal forte impegno politico e civile. Pur essendo arrivato al cinema quasi casualmente, ha mostrato sin dai suoi primi lavori un interesse specifico per un linguaggio filmico capace di visualizzare le forme del vissuto politico ed esistenziale dei personaggi.

DURANTE L’INFANZIA È VISSUTO IN BRASILE (SAN PAOLO) E ARGENTINA (BUENOS AIRES), DOVE HA POI STUDIATO ECONOMIA E LAVORATO COME MAESTRO ELEMENTARE. NEGLI ANNI DELLA DITTATURA MILITARE ARGENTINA (1976-1983), DOPO UN PERIODO DI DETENZIONE, È STATO ESPULSO DAL PAESE (1977) PER MOTIVI POLITICI E SI È RIFUGIATO IN ITALIA. STABILITOSI A MILANO, HA INIZIATO A OCCUPARSI DI ARTE, INTERESSANDOSI DI FOTOGRAFIA E REALIZZANDO INSTALLAZIONI VIDEO E FOTOGRAFICHE; HA ANCHE TRASCORSO LUNGHI PERIODI A NEW YORKLOS ANGELES E PARIGI.

Tra le sue opere principali il lungometraggio Garage Olimpo (1999), che gli è valso numerosi riconoscimenti in vari festival internazionali, nel quale si ricostruisce il rapporto tra un torturatore e una ragazza imprigionata, durante la dittatura argentina, in un sotterraneo utilizzato come centro clandestino di tortura.

B. ha così riaffermato la possibilità di un cinema politico, evidenziando il conflitto tra un’esistenza individuale e l’appartenenza a una storia collettiva: tema, questo, ribadito in Figli/Hijos (2001), in cui una ragazza, figlia di desaparecidos, si pone alla ricerca del fratello e scopre che è stato adottato dai responsabili della morte dei genitori.

Temi politici percorrono anche il più recente Birdwatchers. La terra degli uomini rossi (2008), presentato alla 65° Mostra del cinema di Venezia: fuori di ogni vocazione etnografica, B. vi descrive con uno sguardo documentaristico la tragedia etnica di una comunità Guaraní del Mato Grossoespropriata della propria terra e le complesse relazioni che la legano alle vecchie e nuove forme del colonialismo occidentale. Della sua produzione successiva vanno segnalati, entrambi del 2011, il lungometraggio Mundo invisível, girato in collaborazione con T. Angelopoulos e G.V. Baldi, e il documentario su Benito Mussolini Il sorriso del capo, realizzato con materiali originali, in larga parte sconosciuti, dell’Istituto Luce.

Nel 2021 il regista ha pubblicato il testo autobiografico La solitudine del sovversivo.

 

In conversazione con Wlodek Goldkorn.
Scrittore e giornalista  di origini polacche, è senior editor del settimanale L’Espresso, periodico per cui ha lavorato prima come corrispondente da New York e poi come responsabile del settore cultura. Collabora con -La Repubblica-.
Nel 1968 lascia la Polonia e si trasferisce a Firenze, dove vive tuttora. Negli anni Ottanta del XX secolo ha fondato e diretto L’ottavo giorno e L’Europa ritrovata, riviste dedicate alla storia e alla cultura dell’Europa centrale e orientale. È coautore con Rudi Assuntino del libro Il Guardiano. Marek Edelman racconta (1998). Nel 2006 ha pubblicato La scelta di Abramo. Identità ebraiche e postmodernità, ristampato nel 2020 in una nuova edizione. In Il bambino nella neve (2016) si interroga sul senso della memoria e della speranza a partire dalla storia dei propri genitori, scampati agli orrori della seconda guerra mondiale e dell’Olocausto. Tale interrogativo permea anche L’asino del Messia (2019), in cui il filo del racconto, seguendo il destino del protagonista di Il bambino nella neve, si sposta dalle strade di Varsavia a quelle di Gerusalemme e della Terra Promessa. Nel 2021 è uscito Il bambino che venne dal fiume, una rilettura del mito di Mosè in chiave avventurosa.

 

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